23 maggio 2014

Il centrosinistra per la prima volta ha paura dei ballottaggi

Dal 1993 in Italia esistono i ballottaggi: nei Comuni con più di 15mila abitanti, se nessun candidato raggiunge il 50%, si fa uno spareggio fra i due più votati per decidere chi diventa sindaco.

Il centrosinistra, tendenzialmente, ha beneficiato più del centrodestra di questa innovazione politica: in un ventennio in cui il centrodestra è stato più vincente a livello politico, il centrosinistra è riuscito a vincere un numero significativamente maggiore di Comuni. E questo è avvenuto anche grazie ai ballottaggi.

Prendendo in esame le elezioni amministrative svolte dal 1993 al 2013 nei capoluoghi di provincia, si vede che il centrosinistra ha vinto nel 61,8% dei casi, il centrodestra nel 36,6%, poco più della metà.



(Risultati delle elezioni comunali in Italia nel periodo 1993-2013)

Un successo reso possibile anche grazie ai ballottaggi, che, in sintesi, sono andati così: il centrosinistra ha vinto il 66% dei ballottaggi che si sono svolti, circa 2 su 3. Nel 16,7% il centrosinistra ha vinto dopo che al primo turno era in svantaggio, impresa che al centrodestra è riuscita solo nel 7,5% dei casi


(Risultati dei ballottaggi nei Comuni capoluogo nel periodo 1993-2013)

Ho fatto lo stesso calcolo dividendo l'Italia in tre "ecosistemi" politici: il nord, le cosiddette regioni rosse (Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria) e il centrosud.

Al nord, dove il centrodestra è tradizionalmente forte grazie anche al radicamento della Lega Nord, il centrosinistra ha avuto un grandissimo successo nei ballottaggi, tanto che al centrodestra quasi mai è riuscita la "rimonta".

(Risultati delle Comunali nei capoluogo delle regioni del nord nel periodo 1993-2013)
(Risultati dei ballottaggi delle Comunali nei Comuni capoluogo delle regioni del nord nel periodo 1993-2013)




Nelle regioni rosse il successo del centrosinistra è stato, comprensibilmente, ancora più schiacciante (circa l'82% di vittorie) e anche nei ballottaggi il successo gli ha sorriso in 3/4 dei casi, sempre partendo da una posizione di vantaggio.

(Risultati delle Comunali nei capoluogo delle regioni rosse nel periodo 1993-2013)

(Risultati dei ballottaggi delle Comunali nei Comuni capoluogo delle regioni rosse nel periodo 1993-2013)



Al centro-sud, invece, zona dove spesso per il centrosinistra sono state lacrime e sangue, la situazione è più equilibrata, ma il centrodestra è comunque in svantaggio. Svantaggio che si fa ancora più evidente quando si prende in esame l'andamento dei ballottaggi.


(Risultati delle Comunali nei capoluogo delle regioni del centro-sud nel periodo 1993-2013)

(Risultati dei ballottaggi delle Comunali nei Comuni capoluogo delle regioni del centro-sud nel periodo 1993-2013)



Tutti questi grafici per dire cosa? Che i ballottaggi sono un meccanismo che negli ultimi vent'anni ha favorito il centrosinistra. I motivi sono essenzialmente due:
1) una migliore capacità di mobilitazione degli elettori del centrosinistra rispetto a quelli del centrodestra (vanno a votare più volentieri anche quando non c'è la posta in palio del governo del paese e lo fanno senza problemi anche a distanza di due settimane):
2) una migliore capacità di produrre una classe dirigente locale e radicata sul territorio.

Le elezioni di quest'anno, però, fanno registrare per la prima volta un'anomalia: il centrosinistra ha, nel Movimento 5 stelle, un avversario che sulla carta si preannuncia molto forte proprio su questo campo, come insegna il caso-Parma di due anni fa, quando Federico Pizzarotti vinse il ballottaggio nonostante lo svantaggio.

In molti Comuni in cui si va al voto (a cominciare da quelli delle regioni rosse) il centrosinistra potrebbe avere i voti necessari per essere in vantaggio al primo turno, ma non sufficienti per evitare il ballottaggio.

E il ballottaggio con i candidati del M5S rappresenta tutta un'altra storia rispetto agli "abituali" ballottaggi con le forze di centrodestra: sia per la capacità di mobilitazione, sia perché potrebbe essere più facile, per il movimento di Beppe Grillo, raccogliere al secondo turno i voti che al primo sono andati al centrodestra, i cui elettori potrebbero decidere di dare un voto per penalizzare l'avversario storico, puntando sulla novità a 5 stelle.

E' per questo motivo che il centrosinistra, per la prima volta in vent'anni, ha paura dei ballottaggi.

12 maggio 2014

Anche i preti potranno sposarsi. Forse

E' passata un po' troppo inosservata, secondo me, un'intervista pubblicata oggi a pagina 15 del Quotidiano nazionale (Nazione, Giorno e Resto del Carlino). Giovanni Panettiere, un giornalista molto in gamba e che conosce bene i meccanismi della Chiesa, ha intervistato Nunzio Galantino, il nuovo segretario generale della Cei. Un vescovo che è stato nominato in una delle posizioni più 'politiche' della Chiesa italiana, direttamente da papa Francesco. Si può supporre, quindi, anche da chi non conosce bene i meccanismi della Chiesa come noi, che si tratti di una persona che con il pontefice ha una certa vicinanza.

Panettiere chiede a monsignor Galantino cosa ne pensi dei "valori non negoziabili" quelli su cui La Cei ha impostato le sue battaglie negli ultimi anni.

"In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all'aborto e all'eutanasia. Non può essere così, in mezzo c'è l'esistenza della vita che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l'interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro".
E poi ancora gli si chiede cosa augura alla Chiesa italiana. E qui la risposta è ancora più clamorosa.

"Che si possa parlare di qualsiasi argomento, di preti sposati, di eucarestia ai divorziati, di omosessualità, senza tabù, partendo dal Vangelo e dando ragioni alle proprie posizioni".

 Ecco, siccome Galantino non è un prete di periferia, ma il segretario generale della Cei non mi sembrano dichiarazioni di poco conto.

09 maggio 2014

Il miracolo delle Social Street

(Uscito su Ansa Magazine)

Giovanni aveva bisogno di un trapano. E' arrivato Matteo che non solo gli ha prestato il trapano, ma lo ha anche aiutato a montare una mensola. A Britta serviva una brandina per ospitare i suoi genitori che la venivano a trovare dalla Germania. Elide e Fabienne gliel'hanno portata. Nina aveva un importantissimo colloquio di lavoro via Skype e mezz'ora prima del collegamento le è andato in palla il computer. Saverio le ha messo a disposizione una postazione nel suo ufficio permettendole di non mandare in fumo mesi di lavoro.
E pensare che nessuno di loro, pur abitando a pochi passi di distanza, si conosceva.
Sono le storie di non ordinaria normalità che avvengono ogni giorno in via Fondazza, a Bologna, la prima social street del mondo.
E' la strada che sta insegnando una cosa semplice e dimenticata, soprattutto nelle grandi città: il vicino di casa non è qualcuno da temere o con cui litigare alle riunioni di condominio, ma una persona che, se può, ti aiuta.
Il fenomeno social street nasce in via Fondazza sette mesi fa. Federico Bastiani, toscano trapiantato a Bologna, si è stufato di non sapere niente delle persone che incontra tutti i giorni quando esce di casa. Stampa un paio di volantini e li distribuisce nei negozi della sua strada: "ho creato un gruppo su Facebook degli abitanti di via Fondazza, iscrivetevi". Il successo è immediato e sorprendente. Centinaia di persone rispondono all'appello e fanno nascere la prima social street.
"Regole predefinite non ce ne sono - dice Federico - Facebook è solo un mezzo per far incontrare le persone". E le persone che fino al giorno prima si erano ignorate - miracolo - cominciano ad incontrarsi. Sul web si parla dei problemi della strada, delle questioni da affrontare e da risolvere, ma partono anche un mucchio di idee: si organizza una festa di Natale, una mostra fotografica, si lancia un progetto per gestire un giardino comunale, sia abbellisce la strada con alcune fioriere fatte con materiali di recupero.
E poi, soprattutto, ci si incontra e, nei limiti del possibile, ci si aiuta. C'è chi vuol vendere un frigorifero, chi chiede informazioni sui medici della zona, chi si è appena trasferito e vuole conoscere qualcuno. Nessuno spende niente e nessuno ci guadagna niente.
Ma da allora in via Fondazza il clima è cambiato: sotto i portici della casa dove abitò e lavorò anche il pittore Giorgio Morandi quando la gente s'incontra non si guarda più con indispettita indifferenza, tutti si salutano, si sorridono, ognuno s'interessa della vita dell'altro.
Talmente semplice, da essere rivoluzionario.

Un modello da esportare

E così succede che Federico e i fondazziani decidono che il loro modello può essere esportato. Aprono un sito web (www.socialstreet.it) e raccontano, con la stessa semplicità, quello che hanno fatto. A pensarci bene ogni strada di ogni città può diventare via Fondazza. Basta che ci sia qualcuno che si prende la briga di aprire un gruppo su Facebook e di mettere un paio di volantini nei negozi e poi il gioco è fatto.
A Bologna ne nascono subito una decina, poi il fenomeno comincia ad allargarsi. Incontenibilmente. Tutti scrivono in via Fondazza per chiedere come si fa. La risposta è di una tale banalità che sembra pronunciata da un profeta: "fidatevi di chi vive vicino a voi".
Dopo sette mesi dall'esperimento di Federico le Social Street sono circa 230 ed il numero è in continuo aumento. "Le social street - dice Federico - non hanno delle regole prestabilite, noi ci siamo limitati a raccontare agli altri quello che abbiamo fatto noi, a rendere pubblico, cioè un modello che nel nostro caso ha funzionato. Ma ognuno può organizzarsi come crede, anche perché ogni strada ha i suoi problemi, le sue caratteristiche e le sue opportunità".

Via Fondazza ha comunque continuato a fare da collettore delle buone pratiche.
In via Maiocchi a Milano hanno organizzato uno 'swap party' per far diventare social il cambio dell'armadio: ci si ritrova una domenica pomeriggio e chi ha un vestito che non usa più può portarlo e scambiarlo con un altro vestito.

In via Pitteri a Ferrara hanno costruito una piccola biblioteca. Hanno costruito una piccola cassetta con dentro una ventina di libri. Chi vuole prende un libro, lo legge e lo riporta nella cassettina. O lo tiene con sé per sempre, ma, in questo caso, lo sostituisce con un altro libro.
In via Saragozza a Bologna e nel centro storico di Tricase (Lecce) la social street ha organizzato una giornata di 'pulizie di primavera': un modo per prendersi cura dello spazio pubblico, ma anche per conoscersi e fare nuove amicizie lavorando insieme a qualcosa di concreto.

Nel Rione Marina di Finale Ligure (Savona) Lara chiede una mano per fare un trasloco. C'è chi arriva con un furgoncino chi porta focacce e bottiglie. Alla fine si ritrovano decine di persone, tutti sconosciuti, che in quattro e quattr'otto finiscono il trasloco e poi improvvisano una festa.
Da Bologna il fenomeno si è esteso: ne stanno nascendo soprattutto nelle grandi città, a Milano, a Roma, a Torino, ma anche in piccoli centri dove, negli ultimi anni, i contatti sociali tradizionalmente più forti si sono allentati.

Il modello Fondazza ha anche varcato i confini: ne è nata una in Slovenia e nelle ultime settimane il fenomeno ha preso piede in Portogallo dove ne sono nate una decina: come in rua de Pracas e avenida Reis a Lisbona e in tua de Santa Catarina a Porto. Una bandierina è stata piantata perfino in Nuova Zelanda e mail sono arrivate anche da Brasile e Cile. "Di questo passo conquisteremo il mondo", scherza Federico. Scherza fino ad un certo punto.

Cambiare il mondo, una via per volta

L'obiettivo di cambiare il mondo partendo dalla propria strada adesso continua cercando di mettere in rete le social street, per scambiarsi idee su iniziative e attività, ma anche per coordinarsi per provare a diventare un interlocutore delle amministrazioni. Il Comune di Bologna ha già aperto un canale con le social street ed ha varato un innovativo regolamento sulla cittadinanza attiva. Chi vuole, autorganizzandosi, può fare richiesta per gestire un piccolo spazio pubblico. Non è ovviamente rivolto solo alle social street, ma tanti gruppi di strada hanno già cominciato a pensare seriamente a come sfruttare questa possibilità.
"A Bologna - dice Federico Bastiani - adesso stiamo facendo un lavoro di coordinamento: abbiamo fatto un'iniziativa per presentarci alla città e c'è un coordinamento per fare in modo che le buone pratiche di ogni strada possano essere replicate in modo semplice nelle altre strade. Fare gruppo permette anche di relazionarsi in modo più semplice con il Comune".
Nel frattempo in via Fondazza non è arrivato solamente il Comune di Bologna, ma anche ricercatori e studenti delle Università che vogliono studiare questo fenomeno.
Difficile prevedere dove si andrà a finire. Per ora è più che sufficiente così. E' sufficiente l'idea di aver reso il mondo, qualche strada del mondo, un posto un po' migliore e un po' più accogliente. Una via per volta.