28 febbraio 2014

Francesca Barracciu e il giustizialismo/garantismo intermittente

Francesca Barracciu è stata nominata sottosegretario alla cultura dopo che era stata fatta ritirare dalla corsa alla presidenza della Regione Sardegna per un'inchiesta che l'aveva coinvolta.

Non mi permetto di esprimere giudizi sulla persona (che non conosco) e non entro nel merito della vicenda giudiziaria che la riguarda.

Ma i casi sono due: o è stato un errore farla ritirare dalla corsa alla presidenza (dopo che peraltro aveva vinto le primarie) o è stato un errore nominarla sottosegretario.

Questo giustizialismo/garantismo a intermittenza è l'ennesimo indizio di un rapporto malato fra politica e giustizia.


18 febbraio 2014

Un sindaco a Palazzo Chigi. E' (praticamente) la prima volta

Checché se ne pensi di Matteo Renzi prossimo presidente del consiglio e qualunque sia il giudizio che si dà sul modo con cui questa presa di potere è avvenuta (qui su quest'ultimo punto siamo abbastanza critici) ci sono alcuni elementi di novità che destano una certa curiosità.

Sono il fatto che Renzi sarà il più giovane presidente del consiglio dell'Italia Repubblicana, che porterà a Palazzo Chigi una velocità di comunicazione inedita e soprattutto la sua energia che anche i critici più feroci gli riconoscono.



Ma c'è un altro aspetto, un po' sottovalutato che secondo me è da tenere altrettanto in considerazione. Matteo Renzi sarà, praticamente, il primo presidente del consiglio dell'Italia repubblicana ad essersi formato politicamente nelle amministrazioni locali anziché nei partiti e nelle aule parlamentari. Tecnicamente non si tratta del primo sindaco a diventare premier: Emilio Colombo, senatore a vita recentemente scomparso, capo del governo dall'agosto 1970 al febbraio 1972, ha fatto il sindaco di Potenza dal 1952 al 1954.

Ma i due casi sono imparagonabili: Emilio Colombo è stato un giovanissimo membro dell'assemblea costituente e la sua carriera politica si è sviluppata e svolta dentro le istituzioni centrali. La sua parentesi da sindaco (all'epoca eletto dal consiglio comunale e non direttamente dai cittadini) è più da considerarsi come un aspetto della gestione del potere a livello periferico della Democrazia Cristiana, che non come un reale impegno cittadino tanto che mentre faceva il primo cittadino, Colombo (allora si poteva) è rimasto seduto anche in Parlamento.

Un sindaco a Palazzo Chigi è dunque una novità, a mio avviso positiva, per varie ragioni.

Uno) In tempi di crisi della credibilità politica l'istituzione locale è, in linea di massima (le eccezioni ci sono sempre), quella che ha tenuto un po' meglio nella fiducia dei cittadini. Perché un sindaco, dalla città al piccolo paese, è conosciuto e riconosciuto. Le critiche, quando se le merita, generalmente se le becca in faccia.

Due) Un sindaco ha quotidianamente a che fare con scuole, strade, disastri, problemi quotidiani, piccoli e grandi. Che devono essere risolti in poco tempo e con pochi soldi.

Tre) Un sindaco è generalmente abituato a prendersi le colpe delle cose che non funzionano.

Quattro) Il sindaco è un lavoro nel quale non puoi bluffare. Se sei immobile, indolente o inadeguato lo si capisce dopo pochi mesi.

C'è però anche una grandissima controindicazione.

Da una ventina d'anni a questa parte, legittimato da un sistema che lo elegge direttamente, il sindaco è abituato a governare quasi da monarca assoluto, senza contropoteri politici significativi. Il consiglio comunale è sostanzialmente ridotto ad un coro greco che gli fa da controcanto in sottofondo. Ma che non ha il potere di sostituirlo. Rapportarsi con il Parlamento, che peraltro non ha una maggioranza granitica come avviene nei Comuni, sarà una cosa completamente diversa.

E c'è soprattutto l'incognita delle incognite, che sta sopra e, contemporaneamente, tiene insieme tutti questi aspetti: ovvero la presa del palazzo da parte di un provinciale.

Il provinciale è abituato ad agire localmente, con un pragmatismo spicciolo ma generalmente molto circostanziato. Nello stesso tempo, però, è consapevole che la sua provincia non è il centro del mondo e quindi, tendenzialmente, più disponibile all'apertura ed a guardare fuori dalla finestra con occhi più curiosi e meno supponenti. Per questo motivo, generalmente, mal tollera Roma, i suoi riti, i suoi modi e le sue regole. Il provinciale, insomma, ha, di solito, un altro modo di agire rispetto a chi è nato, cresciuto e gioca in casa nei tradizionali palazzi del potere. Provinciali (nel senso che ho voluto dare a questa espressione) sono gli imprenditori più dinamici del nostro paese. Provinciali sono stati pochissimi uomini di governo dell'ultimo mezzo secolo.

Per un provinciale prendere il potere porta con sé straordinarie opportunità e straordinari rischi. Il risultato lo vedremo presto.

12 febbraio 2014

L'elettore Pd e la sindrome di Jesse Pinkman

Jesse Pinkman (co-protagonista di Breaking Bad, chi non lo conosce può farsene una veloce idea QUI) è un tipo per il quale alla fine si prova simpatia. Proprio come per l'elettore del Pd.



JP, ha dei vizi, delle debolezze e delle meschinità (ma chi non ne ha, alla fine?) che lo condizionano nel suo agire. Eppure, pur in mezzo ad una situazione non semplicissima, JP ha un'etica. E' proprio quell'etica che, in mezzo a tanta malvagità, non solo in genere lo fa apparire moralmente migliore degli altri, ma spesso e volentieri gli salva anche la pellaccia in situazioni che sembravano disperate.

JP, in fin dei conti, non vorrebbe fare la vita che fa. Nasce in una buona famiglia, quando lo conosciamo - è vero - è già un po' smarrito. Ma non crede di essersi cacciato in un casino così grosso. E tutto sommato ha delle aspirazioni di una vita normale: JP sa innamorarsi, sa affezionarsi alle persone, sa essere un buon amico.

Eppure a JP gliene succedono sempre di tutti i colori. E' colpa delle scelte che fa - mi si obietterà - ed è vero. Ma è anche vero che, a prima vista, le scelte di JP appaiono spesso obbligate, quando non addirittura di buon senso. Gli dicono: "JP, tranquillo, stavolta non sarà come l'altra volta, stavolta sarà diverso". E lui si fida. O meglio, si affida a persone che si rivelano poi poco raccomandabili. E una volta che ci si è affidato, che ha fatto accendere dentro di sé la speranza, arrivano i guai, sistematicamente.

JP difende le scelte che fa. E' leale nei confronti delle persone a cui si è affidato, almeno fino a che la sua etica glielo permette, anche se è spesso costretto a compiere azioni che, in una situazione normale, non compierebbe mai. Ma JP non si trova mai in una condizione normale. MAI. Ed è costretto a farci i conti.



Spesso JP pensa di scappare, pensa di andarsene, pensa di chiamarsi fuori una volta per sempre. Sembrerebbe una scelta sensata. Ma JP, semplicemente, non può farlo. Rimane condizionato nella spirale della scelta precedente, che condiziona (e rende ogni volta più difficile) quella successiva.

E nel frattempo, JP prende sempre e invariabilmente un sacco di botte.

Non ricorda terribilmente l'elettore del Pd?

10 febbraio 2014

I grillini non sono dei potenziali stupratori. Sono degli adolescenti

La definizione che la presidente della Camera Laura Boldrini ha dato dei frequentatori del blog di Beppe Grillo e degli elettori del Movimento 5 Stelle come potenziali stupratori a me è parsa parecchio esagerata e credo che così, in senso assoluto, non la pensi nemmeno lei. Certo, nei grandi numeri, ci sarà qualche potenziale stupratore, ma, credo io, non di più e non di meno che fra gli elettori degli altri partiti. Fra i sostenitori del movimento ci sono anche tante persone in gamba e gente con buone idee.

Dal punto di vista politico, invece, i grillini sono degli adolescenti.

Sono arrivato a questa conclusione facendo una sommaria statistica fra le persone che conosco e per come intervengono nei dibattiti politici.

Mi spiego meglio.

Stando a questa mia approssimativa analisi ho notato che fra i miei coetanei (anno più o anno meno, io ho 34 anni) chi quando era adolescente (16-17 anni) si occupava, direttamente o indirettamente di politica, da qualsiasi posizione e con qualsiasi tipo di impegno, oggi è profondamente critico con Grillo e con il suo movimento. Chi invece pensava che la politica di cui gli altri si appassionavano fosse una cosa noiosa, da secchioni sfigati, oggi è fra i più attivi sostenitori dei 5 stelle.

E nel dibattito (sulle varie bacheche Facebook ce ne sono degli spaccati interessantissimi) questa cosa ha un effetto piuttosto plastico. I 30-40enni che da ragazzini si occupavano, o comunque erano interessati, delle vicende della propria scuola, della propria città, del proprio paese, all'epoca avevano un entusiasmo e una foga che oggi hanno perso. Perché sono cresciuti, hanno fatto altre esperienze, e dalla politica, in linea di massima, hanno avuto più amarezze, incazzature e travasi di bile che gioie. Le loro posizioni si sono fatte più sfumate, più problematiche. Le loro emozioni più consapevoli. Qualcuno è impegnato dentro i partiti, qualcuno la politica la legge sui giornali con occhio critico e arrabbiato, qualcuno quei giornali li scrive. Quasi tutti, per un motivo o per un altro, ad un certo punto hanno detto "basta, non mi fregate più", quasi tutti ci sono ricascati.

I supporter del Movimento 5 Stelle (e lo dico con un certo affetto e anche una certa invidia) sono vergini. A loro, al liceo, la politica non interessava minimamente, in nessuna sua forma. Non partecipavano alle assemblee di istituto, facevano gli aeroplanini con i volantini, guardavano molta tv, facevano altre cose, rivendicando, nei confronti dei loro coetanei noiosi e secchioni, di spendere il loro tempo in maniera più divertente ed utile.

Ed oggi, nelle discussioni, si rivolgono ai loro coetanei con quel tono netto, reciso e perentorio che gli altri avevano a 16 anni e che oggi non hanno più.

La cosa che più colpisce più di ogni altra cosa, a ben vedere, è lo sfasamento temporale.

Avere la verità in tasca, sostenere che le proprie posizioni siano basate su fatti talmente oggettivi che chi non le vede è scemo o corrotto, essere arrabbiati di default, protestare in maniera a volte scorretta e sopra le righe, avere un'incrollabile fede nelle proprie soluzioni per cambiare il mondo e considerare ogni ostacolo un nemico da annientare. A 16 anni pensarla così non solo è normale, ma è anche giusto, positivo, salutare. Fa parte del modo di essere di quell'età (come dice il poeta, "Ogni adolescenza coincide con la guerra, che sia falsa che sia vera") è un percorso di crescita molto importante.

A 30-40 anni fa un po' ridere: è un'adolescenza politica fuori tempo massimo.

Alcuni degli attivisti del movimento (perfino fra i deputati) io li ho riconosciuti. Erano quelli che non partecipavano alle assemblee di istituto, non s'interessavano dei problemi della propria scuola, della propria città o del proprio paese, prendevano in giro chi lo faceva ed usavano il proprio tempo in maniera più utile: che fosse cercare di entrare ad "Amici" o al Grande Fratello o prendersi una laurea a pieni voti. E d'altronde il regolamento del Movimento 5 Stelle taglia fuori da ogni incarico che ha avuto precedenti esperienze.

Adesso vogliono okkupare la scuola, partecipare alle assemblee di istituto, far sentire la loro voce che il mondo dei grandi ignora. L'adolescenza è una malattia dalla quale si guarisce con il tempo. E' successo a tutti.


07 febbraio 2014

Evviva Vermeer. E ora lapidatemi

Io le obiezioni di Philippe Daverio sulla mostra organizzata a Bologna che ha come attrazione di richiamo "La ragazza con l'orecchino di perla" le capisco e, parzialmente, le condivido anche.

In un mondo perfetto avrebbe ragione lui.

Ma non siamo in un mondo perfetto, men che meno in un paese perfetto.

Siamo in un paese dove fino a poco tempo fa c'era un ministro dell'economia che sosteneva che con la cultura non si mangia. Siamo in un paese dove c'è la più importante area archeologica del paese che crolla a pezzi. Dove per la cultura si spende una percentuale risibile delle risorse pubbliche e dove musei e gallerie sono poco frequentate, se non dai turisti.

Che una mostra blockbuster faccia storcere la bocca quando nei magazzini dei musei italiani o nelle Chiese dei paesini ci sono capolavori trascurati e abbandonati è giusto e legittimo.

Che scoppi una mania incomprensibile per un quadro che se non c'avesse fatto un film Scarlett Johansson (che prima del film era infatti noto come la "Ragazza col turbante)" non conoscerebbe nessuno, altrettanto.

Foto tratta dalla genialissima pagina Se i quadri potessero parlare
(https://www.facebook.com/seiquadripotesseroparlare)

Ma se centinaia di migliaia di persone vengono, diciamo così, abbindolate da una straordinaria operazione di marketing culturale crediamo davvero che sia necessariamente un male?

Magari una città ha dei benefici economici da un settore come la cultura e capisce che sulla cultura ci si può mangiare e anche in tanti.

Magari persone che non hanno mai messo piede in un museo o in una galleria capiscono che è una roba bellissima.

Magari a qualcuna di quelle persone viene voglia di andare a scoprire il bello che ha sotto casa ed impara ad apprezzarlo.

Magari è un timido passo per diffondere un'educazione alla bellezza che è fondamentale per creare una società un po' più decente.

Poi magari non succede, ma non vedo controindicazioni.

E ora lapidatemi pure.

04 febbraio 2014

Abuso della credulità popolare. Fate girare

La vicenda del falso tweet di Laura Boldrini mi ha fatto scoprire il programma, online, che i burloni in questione hanno utilizzato. L'ho aperto e mi ci sono messo a giocare. Si tratta di un giocattolino diabolico (il link non ve lo dico, ma penso che ve lo troviate facilmente da soli, e in ogni caso state in campana perché trattasi di un oggetto da maneggiare con estrema cura).

Chi pensa che per produrre un tweet falso (e attenzione, qui non si tratta di un profilo fake, ma proprio di una copia conforme di un tweet da un profilo vero) servano abilità di hacker o da grafico rafinatissimo sbaglia di grosso. In trenta secondi e con tre passaggi si possono creare prodotti come questo


Sembra un giochino innocente vero?

Pubblicandolo sul mio profilo facebook penso di aver fatto sorridere qualche amico. L'ho gestita in maniera innocua: per non cadere in tentazione ho scelto il profilo di un personaggio pubblico del quale ho la massima stima e ammirazione. Gli ho fatto dire una roba talmente strampalata, in un inglese maccheronico, su un argomento così marginale (come la presunta passione del presidente per la cucina toscana...) che suppongo e spero che nessuno fra i miei contatti sani di mente possa aver pensato neanche per un momento che non si trattasse di un falso. L'ho fatto, insomma, con delicatezza: uno scherzo del quale - ho pensato prima di pubblicarlo - avrebbe potuto sorridere anche il diretto interessato, semmai lo avesse visto.

E però c'è una riflessione sottesa, che non sono l'unico ad aver fatto visto che c'è chi me l'ha fatto notare. Con questo programmino facilissimo da usare io avrei potuto far dire qualsiasi cosa a chiunque. Avrei cioè potuto postare sulla rete un falso tweet dove un personaggio pubblico (o il profilo di un mezzo di informazione) poteva lanciare qualsiasi tipo di notizia o qualsiasi tipo di messaggio. Se lo avessi fatto ad arte (siccome un po' conosco le dinamiche della comunicazione e dell'informazione) avrei potuto ottenere migliaia di condivisioni e far scoppiare un casino mediatico, semplicemente scrivendo: ecco cosa ha detto il presidente X, il ministro Y, il personaggio Z. Oppure ecco cosa scrive il giornale X, l'agenzia Y o il sito Z.

Allora ho deciso di spingere un pochino oltre il mio diabolico esperimento socio-comunicativo. Siccome la mia etica mi impone di non diffondere notizie false e, meno che mai, diffamare la gente così per passatempo, mi sono autofakato. Ho cioè semplicemente "craccato" il mio profilo twitter facendo dire a me stesso una cosa orribile, che non penserei e non direi mai




Devo dire che ci sono cascati in pochi, ovviamente. Ma il tema rimane: se nella vita reale (ivi compresi giornali e tv) abbiamo un senso critico molto più sviluppato nel prendere per vere le cose che leggiamo, vediamo ed ascoltiamo, sul web siamo tutti molto più propensi a prendere per vere cose che arrivano da chissà dove.

In conclusione, ancora un volta, occhio a quello che gira. Soprattutto a quelle cose dove ci sono scritte cose come "fate girare", "incredibile", "guardate cosa è successo", "condividi prima che lo censurino".

Bisogna fidarsi solo di chi si conosce, leggere criticamente quello che si vede, resistere alla dannata tentazione del condividi a tutti i costi. 

Questi falsi tweet sono ancora più pericolosi dei link stupidi che popolano facebook, perché danno una maggiore impressione di autenticità. E possono causare danni, gravissimi danni. 

E' una battaglia di civiltà. La perderò, ma andava fatta.

Fate girare.

E se non fosse abbastanza chiaro FORZA VIOLA!